Il Pagellone finale: l’allenatore

Ivan Juric lascia i granata dopo tre anni con due decimi e un nono posto finali

Ivan Juric

 

Se doveva riaccendere la fiammella granata dopo due stagioni disastrose, l’allenatore di Spalato ci è riuscito. Se doveva scegliere e lucidare nuovi gioielli, ha fatto ancora meglio, visto che la sua eredità è una rosa di valore che il Torino non ha mai avuto con questi numeri. Buongiorno, Bellanova, Schuurs, Ricci, ma anche Sanabria, Ilic e Vlasic sono giocatori di primo livello facilmente spendibili anche sul campo del mercato. Se doveva riportare la gente allo stadio, un’altra missione centrata visto che il Grande Torino non ha mai avuto una media di quasi 23mila spettatori a partita. Però, l’allenatore si giudica prevalentemente dai risultati. E se gli era stato chiesto anche lo step successivo, allora il bilancio è stiracchiato, appena sufficiente. Due decimi e un nono posto sono i piazzamenti finali del croato, insoddisfacenti alla base di una squadra che il club ha provato a cucirgli addosso (seppur con diverse mancanze: una su tutte, il terzino sinistro). L’Europa non è arrivata e, sebbene siano tornati il gioco e anche le vittorie contro le big (non nel derby, però), la sensazione finale è agrodolce per qualcosa che sarebbe potuto essere, però non è stato. L’allenatore per due anni e mezzo ha avuto un credito illimitato dalla piazza, ma l’ha buttato via anche a causa di un carattere spigoloso che l’ha portato ad eccessi, come nell’occasione del dito medio esibito alla curva (contro il Sassuolo). E di una comunicazione evidentemente sbagliata, come quando ha accusato una parte dei tifosi di non avere lo spirito giusto (dopo lo 0-0 con la Salernitana). Così, nel Toro si è consumato un altro addio amaro, dopo quello di Belotti.

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